6 cose che un Instructional Designer deve sapere sulle neuroscienze
Le esperienze personali ci insegnano che fattori come il coinvolgimento emotivo, la curiosità o la motivazione migliorano l’apprendimento e favoriscono la memorizzazione dei contenuti nel lungo periodo. Ma non si tratta solo di un punto di vista soggettivo: moltissimi studi di neuroscienze confermano come questi fattori agiscano sul cervello a livello chimico e biologico.
Il principio di fondo è che ogni emozione o pensiero scatena diverse reazioni chimiche e costruisce diversi percorsi neurali andando a scrivere, in modo più o meno permanente, le informazioni nel nostro cervello.
Ad esempio, attraverso la curiosità, il nostro corpo genera dopamina che, a sua volta, funge da stimolo cerebrale. Attraverso l’attivazione di questo neurotrasmettitore, il cervello genera benessere per la persona e crea una specie di “sistema premiante”.
Naturalmente, questo non è il contesto per approfondire gli studi di neuroscienze, tuttavia possiamo prendere in prestito alcuni spunti da considerare quando progettiamo un percorso di apprendimento.
1. Creare condizioni di apprendimento ottimali
Il nostro cervello non può funzionare al meglio quando lavora in presenza di condizioni emotive negative come ansia, preoccupazione, stress o paura. Fattori come questi ostacolano il processo di apprendimento, creano delle vere barriere e impediscono di assimilare in modo corretto le informazioni provenienti dal mondo esterno.
Quando progettiamo un corso, non dobbiamo commettere l’errore di concentrarci solo sul contenuto didattico. Occorre creare un ambiente di apprendimento che metta il discente nella condizione di essere rilassato e ricettivo. Questo gli consentirà di poter recepire ed elaborare al meglio le informazioni che gli verranno sottoposte.
Abbiamo già visto in altri articoli come l’utilizzo di un linguaggio semplice e informale, la scelta dei colori, della musica o delle immagini possano creare un ambiente stimolante e coinvolgente.
2. Attivare il discente con stimoli diversi
L’apprendimento non è un processo lineare ma richiede l’attivazione di diverse parti del cervello. Mentre un’emozione attiva principalmente l’ippocampo, la valutazione di un concetto, l’applicazione di una procedura o l’elaborazione di una strategia, comportano l’attivazione di altre specifiche regioni del cervello.
Di fronte ad un concetto complesso, dunque, è opportuno creare attività didattiche che favoriscano il coinvolgimento attivo del discente e, dunque, lo costringano a richiamare in causa le informazioni ed abilità che possiede. Questo, naturalmente, amplierà la rete neurale utilizzata durante l’apprendimento e migliorerà sia la comprensione, sia la memorizzazione dei concetti appresi.
3. Ripetere i concetti con modalità diverse
Sappiamo bene che la ripetizione di un concetto aiuta a memorizzare. Tuttavia, poiché la memoria umana è limitata, il nostro cervello, quando avrà bisogno di spazio per memorizzare nuove informazioni, rimuoverà quelle che riterrà meno rilevanti.
Ma cosa si intende per “rilevante”? Rientrano in questa categoria tutte le informazioni che ci hanno provocato forti emozioni ma anche quelle che sono comparse ripetutamente.
Naturalmente, nel trattare un argomento, non è opportuno ripetere dieci volte lo stesso concetto; ma è possibile ripresentarlo con diverse modalità. Possiamo accennare il concetto in fase di presentazione, parlarne in modo più approfondito durante la trattazione del contenuto, rafforzare l’apprendimento con un’esercitazione o una simulazione, richiamare il concetto quando trattiamo un argomento connesso, riprenderlo in fase di riepilogo dei contenuti trattati e, infine, inserirlo nel test di apprendimento. In questo modo è veramente difficile che l’informazione possa essere facilmente rimossa.
4. Premiare l’apprendimento
Le persone amano essere ricompensate quando svolgono un compito. La gamification ci insegna che elementi come sfide, livelli, obiettivi e premi funzionano molto bene nel motivare le persone a fare del loro meglio. Gli studi nell’ambito delle neuroscienze confermano che i livelli di dopamina nel nostro cervello aumentano in modo significativo quando otteniamo o possiamo ottenere una ricompensa. La dopamina aumenta l’eccitazione, coinvolge gli studenti e li motiva a partecipare attivamente per ottenere la ricompensa. Come abbiamo visto in altri articoli, non occorre investire importanti somme di denaro ma è sufficiente inserire piccole ricompense virtuali come badge, sblocco del livello di gioco o rilascio di un attestato.
5. Fornire riscontri positivi
I così detti “rinforzi positivi” servono per motivare il discente. In ogni utile occasione, facciamo in modo di elogiare il nostro studente: ringraziamolo per l’attività appena svolta, complimentiamoci per aver risposto ad una domanda o gratifichiamolo per aver completato il capitolo.
È scientificamente dimostrato che un “rinforzo positivo”, oltre ad essere un fattore motivante, comporta il rilascio di neurotrasmettitori ed onde d’urto nelle regioni della memoria.
6. Creare un ambiente di apprendimento privo di stress
È dimostrato che lo stress, oltre a provocare diversi danni alla salute, è anche un forte ostacolo per l’apprendimento.
L’amigdala è la regione del cervello che risponde allo stress, alla paura e alla preoccupazione. Quando rileva una minaccia imminente, essa entra in azione ed attiva i meccanismi di sopravvivenza, creando però un blocco delle funzioni meno vitali. Il cervello, dunque, non si preoccupa più di assorbire le conoscenze ma vuole semplicemente affrontare la minaccia e preservarsi. Ecco la ragione per cui un ambiente privo di stress favorisce l’apprendimento.
Abbiamo visto come le neuroscienze ci diano diversi spunti per rendere i nostri corsi più efficaci. Probabilmente, si tratta di spunti che conosciamo già ma la conoscenza delle basi scientifiche che avvalorano la loro utilità ci rende più consapevoli di ciò che facciamo in fase di progettazione.